venerdì 5 ottobre 2012

Vacanza a Oporto

Le Lumache del CRAL-OSCB di Milano organizzano una vacanza in Portogallo.

Oporto in aereo dal 26 al 29 Novembre 2012


PROGRAMMA:
Data
Programma
26
Novembre
·        Partenza da Bergamo e arrivo all'aeroporto di Oporto alle 18:35 col volo FR4702 e trasferimento in bus riservato all'Hotel São José di Oporto. Sistemazione nelle camere, cena e pernottamento.
27
Novembre
·        Prima colazione a buffet. Escursione in bus riservato con l'assistenza di una guida turistica in italiano, verso le più belle località del Nord del Portogallo: Guimaraes, Braga, Ponte de Lima, Viana do Castelo. Pranzo lungo il percorso. Rientro ad Oporto, cena e pernottamento.
28
Novembre
·        Prima colazione a buffet. City-tour in bus riservato sempre seguiti da una guida turistica in italiano. Pranzo lungo il percorso. Cena tipica portoghese a base di pesce e pernottamento.

29
Novembre
·       Prima colazione a buffet. Mattinata libera. Trasferimento all'aeroporto per prendere il volo FR4710 con partenza alle ore 16:00 per Bergamo.
  Quota di partecipazione ai soci CRAL-OSCB 250 €uro più il volo di A/R.

Dalle ultime quotazioni il volo di A/R costa €.80
La quota comprende:
    


-        volo di a/r da Bergamo a Oporto.
-        sistemazione in camera doppia con servizi privati e prima colazione nell’albergo di tre stelle sopra indicato;
-        visite ed escursioni come da programma con assistenza di guide locali parlanti italiano;
-        il pranzo del secondo e del terzo giorno presso ristoranti lungo il percorso.
 
La quota non comprende:
 
   Ingressi a musei e monumenti, degustazioni extra e il pranzo del 4° giorno.
  Tutto quanto non specificato alla voce “la quota comprende”







giovedì 4 ottobre 2012

Picasso


CRAL - OSCB





A Palazzo Reale di Milano, l'ampia antologica dedicata a Pablo Picasso


Dipinti, sculture, fotografie e film per raccontare uno degli artisti che ha maggiormente segnato il Novecento, Pablo Picasso. A Palazzo Reale, una grande antologica ripercorre la ricca produzione del Maestro spagnolo, dal cosiddetto Periodo Blu fino agli ultimi anni. Il percorso espositivo è arricchito da disegni, stampe, libri illustrati e da una sezione che documenta la mostra presentata nel 1953 proprio nel museo affacciato su Piazza Duomo.


Si informa che la mostra di  Picasso a Milano, avrà tre visite  nelle seguenti date:

26 Ottobre e il 16 e il 17 Novembre 2012. 

Le prenotazioni si apriranno il 3 Ottobre 2012, rivolgendosi alla Signora Rossella int. 2258 solo nel pomeriggio, fino esaurimento posti

Costi

Soci adulti mostra + aperitivo = Euro 10.00; 
Soci solo mostra e/o minori Euro 5.

Ritrovo c/o i portici di Palazzo Reale alle ore 17:15 nei giorni del 26 Ottobre e il 16 Novembre 2012; mentre per il 17 Novembre il ritrovo è sempre sotto i portici ma alle 12:45.


                                                                                                                   

lunedì 1 ottobre 2012

Quattro passi sulla “Via degli Abati”





Trekking da Farini a Bobbio (Pc) Sabato 13 e Domenica 14 Ottobre 2012

 La “Compagnia delle Lumache propone un trekking di due tappe sull’antica Via degli Abati. L’escursione ripercorre in 2 giorni, un tratto delle anticha e storica via tra la Val Nure e la Val Trebbia, attraverso boschi e panoramici crinali dell’Appennino Emiliano, per una lunghezza totale di circa 30 Km. Il percorso di media difficoltà, non presenta particolari asperità, le tappe hanno un discreto sviluppo in chilometri, con un dislivello medio in salita e in discesa ( di circa  600 mt.).
 
 
Quota di partecipazione € 35.

 La quota comprende:
½ pensione (cena, pernottamento, colazione) dalla cena del 1° giorno alla colazione del 2° giorno. Spostamenti con i mezzi pubblici (treno e bus).

La quota non comprende:
Spostamenti con auto; pranzi bevande extra e tutto quanto non specificato alla voce “La quota comprende”.



  Programma del Viaggio a Piedi da Farini a Bobbio (Pc)

 Primo giorno

Ore  9:00 ritrovo partecipanti davanti al bar della stazione di Milano Lambrate (fermata tram).

Ore  9:26 partenza dal binario 11 il treno regionale veloce 2275.

Ore 10:14 arrivo a Piacenza e pausa caffè.

Ore 11:20 dal piazzale Marconi (di fronte alla stazione) parte bus per Farini.  

Ore 12:40 arrivo a Farini, e inizio trek.

Ore 16.30 circa arrivo a Mareto. Sistemazione per il pernottamento e cena.


Secondo giorno

Ore  7:30 colazione.

Ore  8:30 inizio tek.

Ore 16:30 circa passeremo sul ponte gobbo di Bobbio; e visita al borgo.

Ore 18:00 dalla piazza San Francesco di Bobbio parte il bus per Piacenza. 

Ore 19:17 arrivo a Piacenza, sul piazzale Marconi.

Ore 19:50 partenza treno per Milano Lambrate.

Ore 20:37 arrivo alla stazione di Milano Lambrate.

Per iscrizioni rivolgersi al Sig. Paolo Bonadei c/o Ingegneria Clinica dell’ente (Tel. 2428).

All’atto dell’iscrizione 15 €.. Il giorno della partenza 20 €.




Cosa portare

Tessera sanitaria (E-111), Bastoni telescopici, Mantella antipioggia, Carta d´identità, Accendino, Borraccia da 1

litro/thermos, Calze da trekking, Coltellino, Coprizaino, Fischietto, Foulard/bandana, Giacca in materiale traspirante ed impermeabile,

Integratori alimentari, Macchina fotografica, Magliette tecniche e intimo, Medicinali personali, Necessario per la toilette, Occhiali da

sole, Scarponi, Strato termico (1 o più pile o altro), Zaino giornaliero da 30 - 40 litri


I soci devono essere in regola con il tesseramento. Termine iscrizioni ad esaurimento posti.



In sede di prenotazione verrà chiesta la disponibilità dell’auto. In base alle disponibilità date, valuteremo l’alternativa di uno spostamento in auto da Milano a Piacenza.



 Parteciperà (al 80 %) la giovane icona o popstar "la bianca DADA". 





Il programma e la data della gita, potranno essere modificati per motivi organizzativi o di forza maggiore. Informatevi sempre all'atto della prenotazione o dell'iscrizione sui dettagli della gita.
Dal singolo programma del trekking saranno rilevabili le caratteristiche dell'itinerario, con particolare riguardo a quelli che richiedono dai partecipanti una certa preparazione fisica. I partecipanti iscrivendosi alle gite sociali accettano i rischi impliciti nella pratica del trekking, danno pertanto il più ampio discarico di responsabilità al CRAL-OSCB per infortuni che avessero a verificarsi durante la gita. 










 







domenica 30 settembre 2012

NUOVA PAGINA DEDICATA ALLA LETTURA






Colgo l'occasione visto che a breve, andremo a camminare sulla "Via dei Abati" di leggere questo racconto ambientato in quei luoghi. Il racconto è di
Alberto Arecchi       "L’ultimo diario" 



“Dimmi che non è un sogno!”


Viviana e Giacomo s’erano inoltrati nella valletta segreta. Seguivano tracce incerte, sulle colline dell’Appennino, alla ricerca dell’ultimo rifugio di un gruppo d’eretici medievali, che erano stati

perseguitati a causa della loro fede. Quei territori un tempo erano soggetti all’ultra millenario

monastero di Bobbio. A poche miglia di distanza, a volo d’uccello, si stagliava su un picco elevato

la rocca d’Oramala, nella quale i marchesi Malaspina avevano ospitato, nel Duecento, il fiore dei

trovatori provenzali. Dalle case del piccolo borgo si staccava una mulattiera d’altri tempi, usata solo dagli abitanti del luogo e da pochi cacciatori, che attraversava uno stretto corso d’acqua, poco più d’un ruscello. Sul lato opposto del rivolo, un sentiero più stretto puntava a sinistra verso un muro di verzura. I ragazzi

s’erano inoltrati lungo quel sentiero, fiduciosi delle carte, che indicavano l’esistenza d’una lunga e

stretta valle, scavata dall’erosione, inaccessibile da ogni altra parte.
In alto, a dominare l’imboccatura, si ergevano un tempo due grandi e possenti fortezze, come nidi d’aquile. Di una non rimanevano che pochi ruderi, mentre l’altra era stata letteralmente spianata nel
sottobosco. L’esistenza di due castelli, l’uno di fronte all’altro, in quel luogo sperduto, suggeriva che dovessero custodire un gran tesoro, o un segreto molto importante. Il percorso non era agevole, tra rami da spostare, grosse piante cadute e massi scivolosi. Era necessario attraversare ripetutamente l’acqua del torrentello e l’atmosfera umida del sottobosco rendeva più penosa la fatica. Era bello camminare tra le felci rigogliose, ma i vestiti s’incollavano
addosso per il sudore. Finalmente, dopo una strettoia in cui sembrava che le due alte pareti rocciose dovessero toccarsi, entrarono in una specie di canyon, fiancheggiato da rocce friabili, che piombavano a picco dall’altezza d’un centinaio di metri. I due immaginarono con un brivido l’effetto che doveva provocare, laggiù, un forte temporale, quando tutte le acque della valletta scendevano per i canaloni laterali, trasportando impressionanti quantità di sassi e di terriccio, per ingrossare il torrente in un’impetuosa corrente d’acqua e fango. Il fondo della valle serpeggiava ora in un “altro mondo”, invisibile ed inaccessibile per chiunque si fosse trovato in alto, sui bordi della valle. Un nascondiglio veramente ideale, per un gruppo di persone perseguitate. A condizione, naturalmente, di potersi riparare dalle piogge, che trasformavano la valletta in un imbuto micidiale. “Cercavamo delle grotte, su queste pareti, ma – se pure ci sono mai state – l’erosione le avrà portate via, lungo i secoli”. Viviana indicava a Giacomo le alte pareti di roccia friabile, l’una in ombra e l’altra colpita sino a metà della sua altezza dai raggi del sole. Sembrava che il canyon desse accesso ad un universo
fiabesco, un altro mondo. Ora le due pareti si aprivano e il letto del torrente, più ampio, ondeggiava in anse e meandri. Dietro ogni curva, i due giovani scoprivano qualcosa di nuovo. Nella sottile parete rocciosa che separava due bracci di un meandro, si apriva una finestra, scavata dall’erosione dell’acqua e del vento. Viviana volle a tutti i costi che Giacomo scattasse una foto a lei, seduta nell’apertura, con lo sfondo del cielo. Stentarono ad arrampicarsi sino a quel varco luminoso, perché la roccia si sbriciolava sotto i piedi. I due s’inoltravano sempre più nella gola, ma l’orizzonte visivo, serrato tra le pareti verticali, non consentiva di valutare esattamente la posizione. Per quanto scrutassero non riuscivano a scoprire alcuna traccia di grotte o nascondigli. “Ormai – osservò Giacomo – dovremmo trovarci sotto il costone dell’Abbazia”. “Non troveremo nulla – rispose Viviana. – L’erosione ha portato via tutto. Persino la grotta venerata, leggendario rifugio del santo eremita di nome Alberto, è stata distrutta dall’impeto delle piogge. Mi piacerebbe ritornare con un cerca–metalli, chissà che non ci sia ancora qualcosa tra questi sassi”. D’improvviso, un rumore secco, come lo schiocco di qualcosa che si rompeva, risuonò per la valle: forse un ramo, una radice, una fibra segreta della montagna. Una piccola frana partì da un canalone laterale. Il rimbombo delle rocce che cadevano rintronò nella piccola valle e sembrava provenire da tutti gli anfratti. Rotolavano sassi e si levavano nuvole di polvere. I due si rannicchiarono, incerti sul come proteggersi da una frana che non potevano vedere. I rumori andarono acquietandosi. Una nuvoletta di polvere, che si levava densa nell’aria, indicò il canalone laterale in cui era avvenuto lo smottamento. Ci volle un buon quarto d’ora per raggiungere la base del cono di sfasciumi. Il suolo era cosparso d’oggetti, come se fossero stati aperti e vuotati i ripostigli d’un castello. Si distinguevano utensili da cucina, panni e stracci, insieme a vecchi pezzi di legno quasi irriconoscibili. Viviana e Giacomo si arrampicarono sui rottami. Era un’azione avventata, perché non potevano sapere se la frana si fosse assestata. La salita si presentava ardua. Polvere e sassolini entravano nelle scarpe e nei vestiti, il terreno slittava sotto i piedi e dava loro la sensazione di non poter concludere la risalita della china. Con gran fatica, riuscirono a percorrere una trentina di metri. Sul lato destro del canalone, si apriva l’imboccatura di un’ampia grotta. La frana aveva riaperto un antico nascondiglio, invisibile dal fondo della gola. Raggiunsero trepidanti l’imboccatura della cavità e s’inerpicarono sui rottami che l’ingombravano. Sostarono un poco per adattare lo sguardo all’oscurità, poi procedettero con cautela verso l’interno. La grotta non era molto profonda. I due riconobbero un ricovero che poteva avere ospitato una
decina di persone. La foggia degli utensili rivelava un’età piuttosto antica, forse medievale. Nessuna traccia di scheletri o corpi umani. In base alla quantità e alla disposizione degli oggetti, il rifugio doveva essere stato abbandonato in modo improvviso dai suoi abitanti, che non vi erano più ritornati. Nulla però rivelava chi fossero stati i misteriosi abitanti della grotta. Non uno scritto, non una data, neppure un brandello d’abito. Forse – si dissero i due giovani – un’indagine scientifica sui frammenti di mobili ed utensili avrebbe fornito indicazioni sull’epoca dell’insediamento. Al momento, però, un profondo mistero sembrava impregnare le pareti dell’anfratto roccioso. Viviana fu scossa da un brivido, per l’emozione della scoperta. Si rannicchiò in un angolo, per ritrovare l’equilibrio. Chiuse gli occhi, se li stropicciò e… nel riaprirli, vide con chiarezza di fronte a sé la figura d’una fanciulla, vestita di bianco, con una specie di lunga tunica stretta ai fianchi da una cintura, ed una coroncina di fiori tra i capelli. La figura era diafana, luminosa, e pareva spostarsi fluttuando nell’aria, senza muovere muscoli. Un lungo brivido freddo partì dalla nuca di Viviana per scenderle lungo la schiena. Non riusciva a muoversi. Avrebbe voluto gridare per richiamare l’attenzione di Giacomo, che stava frugando poco più in là, ma la voce si strozzò in gola. Il fantasma si muoveva come se stesse compiendo i gesti ordinari di vita quotidiana. Ad un tratto, però, sembrò rendersi conto della presenza di Viviana. Si avvicinò e girò intorno alla ragazza paralizzata, che sudava freddo. Senza proferire parola, la visione le rivolse un cenno e si mosse rapida verso il fondo della grotta. Sembrò indicare qualcosa alla ragazza, poi d’improvviso scomparve. Viviana si riscosse, come risvegliata da un incubo. Ancora incredula della visione che era appena svanita, si rialzò, andò verso il punto indicato e notò che il fondo della grotta era chiuso da un
ammasso di pietre, come a tamponare un ripostiglio. Chiamò Giacomo e gli raccontò quanto era appena accaduto. Provarono a smuovere le pietre. Fu una fatica immane, ma alla fine riuscirono a far cadere un diaframma di tamponamento e videro, nella cavità retrostante, qualcosa che li lasciò senza respiro. “Abbiamo trovato il tesoro!” La loro attenzione era catturata da due cofani di legno, legati da fasce e borchie ferrate, che apparivano incastrati in una nicchia, nella parete di fondo della grotta. Erano chiusi con lucchetti di foggia antica e dovevano contenere qualcosa di molto importante, per chi li aveva riposti con tanta cura. I due giovani estrassero i bauli dall’incavo della roccia. Avevano la sensazione d’essere aiutati da qualcuno. Si sentivano circondati da un flusso d’energia benevola e percepivano una presenza amica, premurosa, quasi materna, che li consigliava e li proteggeva. Più volte Giacomo intravide con la coda dell’occhio il movimento d’una forma biancastra, al proprio fianco, mentre manovrava le pesanti casse. Si sentiva influenzato dal racconto della visione di Viviana e non diede grande importanza al fantasma, anche se gli appariva nitido, con le fattezze d’una giovane donna, pallida, una ghirlanda di fiori tra i capelli. Volevano a tutti i costi prendere i due cofani e portarli a valle. Erano tanto pesanti, che non si fidavano ad aprirli sul luogo. Avrebbero rischiato di non poterli più chiudere e d’incontrare mille difficoltà per il trasporto del loro contenuto. Li trascinarono giù per la frana di sassi, con grande attenzione, cercando di non danneggiarli. Se li caricarono a turno sulle spalle, in una lunga e faticosa discesa. Il ritorno durò diverse ore. Riuscirono a rivedere l’imbocco della valle soltanto col buio. Giacomo rimase a fare la guardia ai bauli, mentre Viviana andava a prendere l’auto per risalire il tratto di strada carrareccia, sino al torrentello. Il trasporto delle casse si concluse nel migliore dei modi, con una buona doccia. I due ragazzi rimasero per qualche giorno con i muscoli a pezzi e con la testa “nel mondo dei sogni”. Nei loro pensieri e fantasie, come un’ossessione ricorrente, tornava ad apparire la visione di quella giovane donna eterea, con la ghirlanda di fiori tra i capelli, che additava loro il “tesoro”. Finalmente, venne il momento fatidico. Viviana e Giacomo chiamarono ad assistere all’apertura dei cofani gli amici d’un ristretto gruppo, che condivideva i loro interessi, composto da un professore di storia, una giornalista e Francesco, un amico esperto di meccanica e d’altri lavoretti di bricolage. I cinque si sistemarono intorno alle due casse. Dovremmo dire “i sei”, perché il fantasma della
giovane donna non poteva mancare alla cerimonia. Sarebbe stato un peccato rompere il lucchetto, che avevano stimato essere un’opera di ferramenta medievale. Per questa ragione era importante la presenza di Francesco, l’unico tra loro capace di trattare le chiusure con oli e con liquidi per sciogliere la ruggine. Ci volle quasi un’ora per riuscire ad aprire i lucchetti del primo baule, senza danneggiarli. Il coperchio si ribaltò sui cardini e lasciò vedere il tesoro. Non erano ori, né preziosi, ma si trattava dell’archivio segreto d’una piccola comunità perseguitata. Testi e volumi, attrezzi per scrivere, qualche moneta, un sigillo di bronzo, mozziconi di candela. Tutto fu classificato e riposto in ordine. Sarebbe occorso tempo per leggere e decifrare i documenti.
La seconda cassa conteneva paramenti sacri e oggetti per il culto: calici, pissidi, piattini dorati, promemoria con preghiere ed inni. Testi scritti in una lingua dimenticata e condannata all’oblio, insieme a tutti quelli che l’avevano parlata. Aprirono la prima pergamena che cadde loro sotto gli occhi. Sembrava un diario, scritto in bella calligrafia da mano femminile. La luce si attenuò nella stanza e una dolce voce femminile prese a leggere quel testo, in un idioma armonioso che nessuno di loro conosceva, ma tutti comprendevano per istinto. Era l’antico idioma occitano, la madre delle lingue mediterranee medievali e moderne. Il diario narrava la storia triste d’una comunità, che aveva scelto di vivere nelle valli fiorite di Provenza, in obbedienza a regole armoniose in cui tutti credevano. Erano stati costretti a fuggire, scacciati dai loro villaggi col ferro e col fuoco. Avevano varcato le Alpi ed erano stati accolti dai Signori di queste terre amiche. Li aveva preceduti la fama della loro poesia, la dolce lingua portata dalla musica dei trovatori, sulle note di liuti e viole, sino alle corti
arroccate sulle cime impervie dell’Appennino. La valle esplorata dai nostri amici era stata l’ultimo loro rifugio, protetto dall’alto da possenti fortilizi dei signorotti locali. In grotte scavate dal tempo e dall’acqua, lungo le due pareti della stretta gola, la comunità dei Perfetti s’isolò dal mondo degli uomini, dopo le stragi che avevano decimato i confratelli d’Occitania. La voce del fantasma divenne un sussurro, poco più d’un sospiro, sino a spezzarsi in singhiozzo. Quelle grotte erano state il teatro d’un triste esilio, per due generazioni: quella dei rifugiati, sfuggiti al tremendo massacro, e i loro figli. La comunità dei Puri sopravvisse segregata dal mondo, prigioniera degli stessi uomini d’arme e delle fortificazioni che la proteggevano. In alto, sul ciglio dell’orrido, oltre i castelli di guardia, si ergeva una piccola abbazia. In quel modesto nido d’aquile, proteso verso il cielo, trovò rifugio un re d’Inghilterra, dopo la caduta dei Templari. Scampò alla prigionia nel suo paese e venne qui ad attendere la morte, nella meditazione dell’esilio. La valle–rifugio, nascosta come uno scrigno tra i monti fioriti dell’Appennino, custodiva i fuggitivi di mezza Europa. Qui si spensero le vite di coloro che erano sfuggiti a mille persecuzioni, così come le fanciulle violate dai signori si spegnevano, pregando, recluse nei monasteri. La tenera voce femminile si riscosse dal pianto e riprese la lettura del diario. Descriveva la vita quotidiana della piccola comunità, i giochi dei bambini, l’opera delle donne che raccoglievano i frutti del bosco, confezionavano utensili e vestiti, mentre gli uomini costruivano i mobili per i
ricoveri e si prestavano a dure corvées di servizio ai signori del luogo, per ripagarli dell’ospitalità, della protezione, del velo di segreto accordato al loro rifugio. Improvvisamente, in una notte terribile, un temporale devastò la valle e sconvolse le rocce friabili. Torrenti d’acqua e fango scorrevano da tutte le parti, era un inferno dal quale nessuno trovò scampo. Tutti gli abitanti della piccola valle rimasero travolti dalla fiumana e nessuno sentì più parlare della comunità dei Puri, rifugiata tra quei monti. La voce si spezzava, mentre rievocava tra i singhiozzi gli orrori della piena, la pioggia battente, i fulmini, le frane, i bambini che cadevano senza scampo nei gorghi del torrente. I cinque giovani ascoltavano, in religioso silenzio. Viviana azzardò una domanda: “Ma se sono morti tutti, se la comunità è andata distrutta, come hanno potuto lasciare questa memoria scritta?” Gli occhi degli ascoltatori si rivolsero al manoscritto. Il diario era finito da un pezzo e si vedevano solo pagine bianche, macchiate qua e là dall’acqua e dalle lacrime. Il fantasma della giovane donna mostrò i palmi delle mani aperti, in un antico gesto di benedizione e di commiato, si tolse la coroncina di
fiori dai capelli e la porse loro. Si coprì il capo col bianco velo e si dissolse nella luce della finestra. La compagnia rimase ammutolita. Un lungo silenzio, che sembrò durare un’eternità. Giacomo riaprì gli occhi nella penombra, si alzò, andò ad aprire gli scuri e diede luce alla stanza. Sul tavolo, accanto al manoscritto, era appoggiata una delicata coroncina di fiori secchi, d’assenzio, arnica e lavanda. L’ultimo regalo della ragazza solitaria, custode della valle.



lunedì 10 settembre 2012

LA VIA DEGLI ABATI

CRAL-OSCB


Bobbio

La Via Degli Abati
La prossima uscita faremo la Via degli Abati; si snoda in un percorso di circa cento chilometri, interamente percorribile a piedi, attraversa parte del territorio emiliano, in particolare la zona appenninica e per la gran parte immersi nella natura. La via si può definire come una “storia dimenticata”, una traccia del nostro passato sepolto dallo scorrere inesorabile del tempo. Il percorso è antichissimo, realizzato a cavallo del VII secolo dai monaci del monastero di San Colombano a Bobbio, in provincia di Piacenza. Numerosi sono gli edifici storici che incontreremo sulla via, dalla chiesa di Coli, in particolare la grotta di San Michele, in cui San Colombano morì. Ai borghi di Bobbio, Val di Taro, di Bardi e Compiano. È un tour di monasteri, abbazie, castelli all’ombra di boschi secolari; calpesteremo le pietre logorate nei secoli da malfattori a pellegrini, abati e santi.  Il punto di partenza è Bobbio, che col suo monastero fondato nel 613 da San Colombano, ha rappresentato per secoli il punto vitale, la spinta culturale dell’Italia settentrionale intera. Proprio da qui, i monaci di Bobbio partirono con l’identificare questa via, che arriva direttamente a Pontremoli, che oltre a scopi di pellegrinaggio (dalla Lunigiana si proseguiva per Roma), aveva lungo il suo percorso numerosi punti importanti religiosi ma anche economici. Ricordiamo, infatti, che Borgo Val di Taro era forse il più importante e redditizio possedimento del monastero di Bobbio, oltre a costituire un luogo di sosta e ricambio dei cavalli. Da Bobbio la strada procede per borghi di Coli, Mareto, Groppallo, attraversando nel piacentino i castelli dell’alta Val Nure, fino a giungere nel parmense, con Bardi e Borgo Val di Taro. Il valico da passare per raggiungere la Lunigiana era il passo del Borgallo, allora molto più sicuro rispetto al passaggio obbligato dal quale la Via Francigena portava al passo della Cisa, controllato inizialmente da una fortezza bizantina. La Via degli Abati, com’è storicamente provato, fu l’arteria principale degli spostamenti almeno fino al X secolo, quando quel varco spari com’era comparso, decadendo pian piano per lasciare il posto alla Via Francigena, la Via medievale per eccellenza.
Farini

sabato 1 settembre 2012

Reggia di Venaria Reale



Sabato 29 Settembre 2012 il CRAL dell’Azienda Ospedaliera San Carlo Borromeo di Milano organizza, una visita guidata alla

REGGIA di VENARIA REALE


Unico comune piemontese, oltre a Torino, a poter vantare sul proprio territorio la presenza di due distinte residenze sabaude, la sei-settecentesca Reggia di Venaria Reale e gli ottocenteschi appartamenti Reali di Borgo Castello, siti nel Parco regionale La Mandria.

PROGRAMMA:
Sabato 29 Settembre
Ore  6:50 ritrovo partecipanti all’entrata principale dell’ente
Ore  7:00 partenza pullman Gran Turismo per la Reggia di Venaria Reale.
Ore 10:00 Ingresso e visita guidata della Reggia di Venaria.
Ore 13:00 Pausa (pranzo libero).   
Ore 14:30 Passeggiata libera nei giardini della reggia.
Ore 16.30 circa sistemazione in pullman e partenza per il rientro a Milano.

Comprende:
biglietti d’ingresso, con guida specializzata per l’itinerario guidato alla reggia, trasporto a/r con pullman.

I costi:
Quota di partecipazione per tesserato:15 €uro


Per iscrizioni rivolgersi al signor Domenico Panighi o alla signora Rossella c/o il magazzino dell’ente, fino ad esaurimento dei posti.

martedì 22 maggio 2012

A Santiago de Compostela


Riceviamo e pubblichiamo questa foto inviataci da un 'pellegrino del CRAL-OSCB' che è arrivato a Finisterre.

Da tutti i paesi d'Europa, Santiago de Compostela e il sepolcro di S. Giacomo e la meta del pellegrinaggio. Ma alcuni di loro continuavano il viaggio per poter giungere sulla costa galiziana, nel luogo che consideravano "la fine della terra" - finis terrae. Questa tappa era detta "Il sentiero di Finisterre". Il viaggio sulla costa era il completamento di tutto il pellegrinaggio: le conchiglie raccolte dai pellegrini sulla spiaggia costituivano la prova del pellegrinaggio da loro compiuto e presto divennero il simbolo del "Cammino".
Per molti, pellegrini provenienti dall'Europa centrale, quest'ultima fatica significava la vista del mare e per di più in un luogo di un incommensurabile significato simbolico: dove finisce la terra.



venerdì 11 maggio 2012

SAN MAURIZIO AL MONASTERO


CRAL-OSCB

Organizza una visita guidata a Milano



"SAN MAURIZIO AL MONASTERO E LA SUA ZONA”

 
 

19 Maggio 2012, alle ore 15:30


La chiesa di San Murizio si trova nel centro di Milano, all'angolo tra via Luini e corso Magenta ,di fronte a Villa Litta.

Questa chiesa della Controriforma, è un vero gioiello che ancora molti milanesi non conoscono. Venne realizzata nel 1503 all'interno del monastero femminile benedettino più prestigioso della città; anche se il nome dell’architetto resta ancora oggi sconosciuto. Al suo interno troveremo affreschi di Bernardino Luini, allievo di Leonardo. La visita terminerà con una passeggiata nella zona, tra le vestigia dell'antica Mediolanum, in via Brisa con l'Ago e il Filo di Oldembourg in piazza Cadorna.



All’iscrizione: €uro 10 con aperitivo ; 5 €uro senza aperitivo;  €uro 8 soci fino 14 anni con aperitivo .




Per iscrizioni rivolgersi a Marco Mussi fino da esaurimento posti.

domenica 25 marzo 2012

Camminando per Santiago


  


Le ‘Lumache’ del CRAL-OSCB di Milano




Camminando per Santiago

23 Aprile al 2 Maggio 2012, il gruppo le ‘Lumache’ del CRAL-OSCB organizza.

Un’escursione da Sarria - Santiago - Cabo Fisterra.



PER QUALSIASI ALTRA INFORMAZIONE  CONSULTARE IL FILE
FILE  scarica:
 https://docs.google.com/open?id=0BwOs8svsdGs6NWVWVWJJTE9TbWljOWhSOGpuWEFyUQ